Ciao a tutti!
Sono Noël De La Vega, studente del liceo Classico Musicale ad Arezzo e futura matricola all’università LUISS di Roma in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali.
A maggio 2020 sono stato scelto come vincitore, dall’associazione Maydan, un’associazione che si occupa di diritti umani ed attivismo nell’area mediterranea, di un concorso di scrittura e arti creative indetto da loro mesi prima, per incentivare ora più che mai un dialogo sociale e sostenibile tra la nuova generazione di scrittori, poeti e musicisti dell’Italia e delle più remote frontiere del Medio-Oriente.
La vittoria del concorso mi ha dato l’opportunità di volare quattro giorni a Bruxelles, in Belgio, a metà novembre per partecipare ad una conferenza internazionale sulla questione politica del mediterraneo: Med Vision 2030.
Nel 1995 infatti, per fare un salto indietro, furono aperti i Congressi di Barcellona: dei momenti di forte riflessione politica tra i vari primi ministri dell’Europa, Maghreb e Mashreq, con la speranza di trovare entro il 2030 un destino comune in merito a sanità, questione migratoria, conflitti, istruzione, e tolleranza.
Come è chiaro a tutti noi, in questi vent’anni ben poco è stato fatto ed ancora una volta le parole dell’alta politica hanno avuto non poche difficoltà a diventare fatti concreti.
L’obiettivo di Bruxelles 2021 era quindi quello di riunire le maggiori associazioni che operano nell’area, giovani attivisti, i migliori studenti di relazioni internazionali da tutta Europa, e ovviamente parte di un pubblico politico (il vice-presidente del Parlamento Europeo, la vice-presidente della Commissione Europea, rappresentanti dal partito dei Verdi, Liberale e Socialista, e ambasciatori interessati) con il fine di creare un sano dibattito politico collettivo costruttivo per ristrutturare una nuova “Agenda” sulla questione mediterranea, da discutere poi con l’emiciclo già dai primi mesi del 2022, e quello quindi di far sentire la voce delle milioni di persone che non potevano essere con noi direttamente, a coloro che da anni guidano le sorti di un continente non riconosciuto legalmente, ma che presenta fratture enormi anche per colpa di un occidente spesso e volentieri troppo indulgente e capzioso.
Per me personalmente ed umanamente è stata una ripartenza dopo anni di chiusura nell’ambiente aretino, e la consapevolezza che quella parte multietnica e “policulturale” dentro di me non aveva ceduto: mezzo messicano e mezzo francese, ho sviluppato una sensibilità fortissima verso il terzo mondo sin dagli inizi della mia soffertissima adolescenza: ho convissuto in casa cinque anni con un rifugiato politico dal Mali (un fratello per me), sono cresciuto giocando a calcio nei centri d’accoglienza con i rifugiati politici e ho sempre insegnato storia e musica (essendo io pianista classico) ai ragazzi in difficoltà.
Tutto questo, grazie al supporto di mia mamma insegnante di italiano per migranti, e mio padre infermiere nei centri, mi sono impregnato dell’attivismo di strada tra mille associazioni e con la consapevolezza che solo aprendo le porte di noi stessi e dei nostri spazi possono entrare esperienze e vissuti unici.